Alessandria d’Egitto

Alessandro Magno. [1]

Finalmente Alessandria.
Alessandria, goccia di rugiada, Esplosione di nubi bianche,
Sei come un fiore in boccio bagnato da raggi irrorati dall’acqua del cielo.
Cuore di ricordi impregnati di miele e di lacrime
Naguib Mahfouz. [2]

Non si può parlare della nostra famiglia senza parlare dell’Egitto, degli Italiani d’Egitto e soprattutto anche di Alessandria (in arabo: الأسكندرية‎ [al-Iskandariyya]; in greco antico: Ἀλεξάνδρεια [Alexándreia]; in latino: Alexandrea ad Aegyptum).

ΑΛΕΞΑΝΔΡΕΙΑ. [3]
Di fatto abbiamo molti parenti stretti e non che sono nati, hanno vissuto, e sono morti in questa città cosmopolita. È per me sempre un’emozione, quando entro ad Alessandria dall’aereoporto o dalla strada dal Cairo, passare sotto l’arco con la scritta in greco ΑΛΕΞΑΝΔΡΕΙΑ.

Inoltre, gli Italiani d’Egitto sono accomunati da una stessa cultura, che è Italiana, Greca ed Egiziana. Una cultura cosmopolita, essendo abituati fin dall’infanzia a vivere in un ambiente multi-culturale ed a comunicare, non solo tra loro, in più di una lingua, sia essa l’arabo o il francese, l’italiano o il greco.

Inizio queste pagine su Alessandria e l’Egitto con un anedotto che mio padre ama ancora raccontare. Una volta incontrò un signore del Nord d’Italia, che con tono un pò altezzoso gli chiese da dove venisse, al che mio padre rispose “Da Alessandria” ed il signore “Ma che Alessandria… d’Egitto!”[4] e mio padre “Sì, sì, proprio Alessandria d’Egitto!”[4].

Io stesso, ne uso una variante, quando qualcuno dell’Italia Settentrionale pieno di sè mi chiede da dove io o i miei genitori vengano, rispondo “Dal Nord”. Al che la persona di solito ribatte con evidente incrudelità “Dal Nord???” ed io, con orgoglio, “Sì, s’i. Mio padre è nato ad Alessandria!” al che di solito il tipo borioso replica “Ma come? il tuo accento però non è del Nord!” ed io sogghignando “Ma sì, Nord Africa! Mio padre è nato ad Alessandria d’Egitto!”.

Cosa significa essere Italiano di Alessandria?

Io stesso, non sono nato ad Alessandria, ma fin da piccolo ne ho sentito parlare ed ho sentito mio padre parlare al telefono o di persona con parenti ed amici, intercalando l’italiano con espressioni in egiziano. Sì, ho detto “egiziano” e non “arabo”. Se c’è una cosa che ho imparato dai miei viaggi in Egitto, è di non chiamare nè il popolo nè la lingua “arabo”. Gli egiziani sono un popolo orgoglioso della loro storia e del loro paese.

Un’idea di cosa significhi essere “Italiano d’Egitto”, a parte i racconti dei nostri genitori e zii, ce la da anche [guastamacchio2012] nel suo libro “Il Profugo Italiano”, anche se Bruno, la persona centrale del libro, visse al Cairo e non ad Alessandria.

Ricordo che, nel 1979, tornando a casa in treno da Venezia a Roma, ero in uno scompartimento con una signora di mezza età (allora avevo 18 anni), con la quale conversai del più e del meno.

Dopo circa mezz’ora che chiacchieravamo le chiesi “Posso farLe una domanda personale?”. “Sì, prego, chieda pure” mi disse. “Ma Lei, è forse nata ad Alessandria d’Egitto?” le chiesi.

Stupita, mi guardò sgranando gli occhi. Un momento mi osservò, probabilmente chiedendosi se mi avesse già incontrato da qualche parte o se gli ricordassi qualcuno, poi rispose: “Sì, sono nata ed ho vissuto ad Alessandria. Ma Lei come fa a saperlo?”.

La risposta fu semplice: “Il modo di parlare”, infatti riconobbi la cadenza, i francesismi, quell’intercalare di “Se Dio vuole”, ripresa dall’Arabo In schā’ Allāh, per ogni cosa che si dica riferita al futuro. O forse è stata solo intuizione. Di sicuro, gli Italiani d’Egitto, quando parlano tra loro, sembra parlino un’altra lingua: la maggior parte delle parole sono italiane o arabe, ed ogni tanto qualche parola greca o francese. C’est la vie!

Passeggiando per Alessandria

Dei tanti viaggi in Egitto ed in particolare ad Alessandria, ne ricordo in particolare uno, fatto credo nel 1982. Il viaggio fu organizzato da papà, ovvero dalla società nella quale qualche anno prima subentrò, quando lasciò il suo lavoro precedente: la Parliament Travel Service S.r.l.

Di questo viaggio, mi è rimasta in mente soprattutto una passeggiata con papà, nel quartiere di Alessandria, dove aveva vissuto. Passeggiando andai avanti da solo, per lasciardolo con i suoi ricordi e le sue nostalgie.

Improvvisamente, un egiziano, alto e magro, con una galabeya bianca, venne verso di me, agitandosi ed urlando qualcosa in egiziano, che ovviamente non capii. La mia paura era di aver fatto qualcosa di assolutamente proibito: forse avevo guardato dove non dovevo, o forse non era permesso andare in quel luogo.

Mi volsi verso mio padre con uno sguardo interrogativo ed un pò spaventato, ma comunque assolutamente innocente, facendogli capire che non avevo idea di quello che stesse succedendo.

Mio padre sorrise e salutò quell’uomo: lo conosceva! Quell’egiziano alto e magro era il fruttivendolo dove nonna Concetta fcomprava la frutta e la verdura. Incredibile ma vero: quell’uomo aveva riconosciuto in me, mio padre da piccolo!

La Cattedrale di Santa Caterina

… (continua)

Dal Basso all’Alto Egitto

I viaggi in Egitto non significavano solo Alessandria. Ricordo anche il Cairo ed il pernottamento al Mena House (oggi Marriott Mena House Cairo) ed i bagni in piscina, nuotando, e guardando le piramidi: mi sentivo come un giovane faraone.

Un altro viaggio ad Alessandria o meglio in Egitto, lo ricorda anche mia sorella Patrizia sul suo blog[5]. Credo sia quello che facemmo nel 1975 o 1976, partendo con un traghetto da Venezia.

All’inizio del suo articolo, Patrizia racconta quello che nostro padre non si stancava mai di raccontare: “Quando ero piccola mio padre raccontava sempre questa sua leggenda metropolitana di quando gli chiedevano dove fosse nato: ‘dove sei nato?’, ‘ad Alessandria’, ‘macchè Alessandria, se se ….Alessandria d’Egitto…’, ‘bravo proprio Alessandria d’Egitto’, a noi non so perchè ci faceva sempre ridere …”.

Il racconto prosegue: “… Noi siamo andati a cercare i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di mio padre, il vecchio quartiere dove abitava questo suo amico che mi sembra facesse il meccanico, quando ha riconosciuto mio padre non finiva più di abbracciarlo e ci parlava a raffica, convinto che anche noi conoscessimo l’arabo … poi mi ricordo il girovagare per la città e infine il baretto con i muri in marmo, come quelli di una volta, dove abbiamo mangiato un dolce disgustosamente dolce.  …“.

Ed ancora, altri ricordi in quel racconto: “… E poi il viaggio in treno verso il Cairo, prima e Luxor poi, e in ogni posto dove andavamo spuntavano gli adulti si commuovevano, i giovani rimanevano incantati sia dai paesaggi, dai monumenti ma anche dalle storie raccontate da chi ci aveva vissuto. Un viaggio affascinante!“.

Affascinante ed avventuroso, direi quel viaggio notturno in treno. Io di quel viaggio in treno ricordo un particolare piccante. Eravamo in una carrozza interamente riservata al nostro gruppo. Era sera, ed improvvisamente si levò un grido da uno degli scompartimenti! Una giovane e prosperosa donna, non ricordo come si chiamasse, già a letto, aveva strillato “Aiuto! Aiuto!” perché uno sconosciuto era entrato nel suo scompartimento facendo delle avance. Il fatto è che, invece di tirar su le coperte per coprirsi, le tirò giù! esponendo ancora di più il seno prominente, della cui vista lo sconosciuto ovviamente si rallegrò molto. Il risultato finale fu che feci la guardia per alcune ore, insieme ad una guardia egiziana, un uomo, anche lui alto e magro con una galabeya bianca. Più tardi, raccontando l’accaduto, ci siamo più domandati ridendo, chi avesse fatto le avances a chi!

Ed alla fine del racconto si legge: “Infine il Il ricordo più bello di quel viaggio è aver visto il tempio di Karnak all’alba con il sole che spuntava dietro i templi, in carrozzella io, mio padre e le mie due cugine. …“.

La descrizione di mia sorella è molto romantica, ma io di quel viaggio, ricordo quando andammo in carrozzella dalla stazione all’hotel, credo avessimo due o tre carrozzelle per la tutta la famiglia, che in quel viaggio comprendeva anche nostra cugina. Papà sussurrò in egiziano al nostro cocchiere “Se arrivi primo ti do un bel bakshish!” con la conseguenza che i tre cocchieri iniziarono un acorsa furibonda per quelle strade, non tutte propriamente asfaltate. Al che mamma, furiosa, vedendosi in pericolo di vita su quelle carrozzelle traballanti che andavano veloci come il vento e preoccupata per l’incolumità dei suoi figli, imprecò contro papà ed il suo imperdonabile umorismo: “Francooooo!”. La carrozzella dove era mio padre ed io arrivò per prima!

Di una altro viaggio in Egitto, credo nel 1978, ricordo le crociere lungo il Nilo, visitando la Valle dei Re, Assuan, Luxor, e poi in aereo ad Abu Simbel. E ricordo una sera, quando il personale della nave festeggiò non so cosa e cominciò la danza dei bastoni (سعيدي تحطيب مع رقس الصايا [seydy tahtib mae raqs alssaya]), al che mio padre, non contento di stare solo a guardare, mi spinse nel mezzo e mi spronò a danzare con loro, con grande entusiasmo e piacere di tutto l’equipaggio. Per fortuna non mi ha colpito nessun bastone… credo… non ricordo… l’ultima cosa che ricordo è lo spintone di papà.

In quel viaggio in nave sul Nilo, dissi anche le mie prime parole in egiziano. Mio padre aveva istruito il personale in modo che non mi dessero da mangiare se non rispondevo loro in egiziano. Quindi, per ogni piatto che arrivava, il cameriere: “صباح الخير” ([sabah alkhyr]: buongiorno) ed io”صباح النور” ([sabah alnuwr]: buongiorno a te), poi se volevo l’acqua o qualcos’altro: “باسمك” ([biaismik]: come ti chiami?), ed io “أنا اسمي روبرتو” ([ana aismi rubirtu]: mi chiamo Roberto) e così via… credo di essere dimagrito almeno cinque chili in quel viaggio sul Nilo!

Dahab

Marina alla partenza dall’Happy Village a Dahab, nel Gennaio 2010.

Trent’anni più tardi, andai con la mia ex Marina, in vacanza a Dahab. Sharm El Sheik ci sembrava troppo commerciale, affollato e costoso. Eravamo alloggiati all’Happy Life, un villaggio ad un quarto d’ora da Dahab, molto carino. Dal molo, tuffandosi in acqua, si potevano vedere anche solo con maschera e schnorkel molti pesci colorati.

Una sera, l’animatore del villaggio organizzò una gita in paese per visitare il mercatino locale. Eravamo circa 15 persone, così ci misero a disposizione due pulmini. Come spesso accade, i preparativi per la gita durarono più di quanto si potesse desiderare ed ovviamente arrivammo in ritardo alla lobby dell’hotel, luogo di incontro prima della partenza, così che uno dei pulmini era già partito.

Il secondo pulmino, ci aspettava. Salimmo davanti, nei due sedili vicini al guidatore. A bordo un paio di altre coppie, tedeschi e svizzeri, che ovviamente erano impazienti e criticarono i nostri cinque minuti di ritardo. Per rompere il ghiaccio e sperando di calmarli un pò dissi “Ma siamo in vacanza, che fretta c’è?”, questo non bastò, anzi peggiorò le critiche e gli invettivi contro di noi, che pur parlando tedesco, si capiva come non fossimo di madrelingua tedesca e quindi “stranieri”.

Ricordandomi di quella corsa pazza in carrozzella a Luxor, diedi al conducente, in un misto di arabo ed inglese,  non curandomi che gli altri capissero, 200 Lire egiziane e gli sussurrai: “Se riesci a sorpassare l’altro pulmino ed arrivi prima in paese te ne do altre 200!”.

Non ci vuole molto ad indovinare chi arrivò primo! Arrivati in paese mi girai e dissi a sei facce pallide come la morte: “Visto? Eravamo in ritardo e siamo arrivati primi lo stesso!”.

Non so perché, ma al ritorno nel nostro pulmino c’erano altre coppie diverse che all’andata e queste non ci rivolsero neanche la parola. Forse si era diffusa la notizia che eravamo “pericolosi”.

Hurghada

Ancora dieci anni più tardi, non per la prima volta, tornammo in Egitto con la mia ex e le nostre due bambine. Questa volta una vacanza di solo mare e immersioni, con maschera e schnorkel, per mostrare alle bambine i pesci colorati che hanno piaciuto loro così tanto.

… (continua)

 


L’immagine nell’intestazione è di Francisco Anzola – Alexandria Corniche, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32183553.

[1] Statua di Alessandro Magno del III Secolo a.C. firmata “Menas”, attualmente al Museo Archeologico di Istanbul. Foto da Tkbwikmed – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8356225.

[2] Traduzioni di [GoogleTranslator] e di [WebTran] adattata secondo https://it.wikiquote.org/wiki/Alessandria_d%27Egitto.

“الإسكندرية أخيراً.
 الإسكندرية قطر الندى، نفثة السحابة البيضاء،
مهبط الشعاع المغسول بماء السماء،
وقلب الذكريات المبللة بالشهد والدموع”

[al’iiskandariat akhyraan.
al’iiskandaria, qatar alnadaa, nufthat alsahabat albayda’a,
mahbat alshieae almaghsul bima’ alsama’i,
waqalb aldhikriaat almubalalat bialshahd waldumue]
Originale di Naguib Mahfouz Abdul Aziz Ibrahim Ahmed Pasha (Gamalya 1911-Agouza 206). Pagina visitata il 19.11.2020 alle 11:30: https://www.goodreads.com/quotes/554056.

[3] Foto di sconosciuto presa da https://www.news247.gr/kosmos/diodia-stin-alexandreia-grammena-sta-ellinika.6144973.html.
[4] Su [Treccani] alla voce Egitto: “… nell’uso familiare è frequente nella locuzione d’Egitto, con cui si disapprova o si nega un’affermazione, una scusa, una richiesta altrui, ripetendone la parola o la frase: ma che raffreddore d’Eigtto, tu non hai voglia di andare a scuola!“.
[5] Pagina visitata il 19.11.2015 alle 15:50: https://zefirina.blogspot.com/2007/10/alessandria-degitto.html.