“Va, pensiero, sull’ali dorate // Va, ti posa sui clivi, sui colli, // Ove olezzano tepide e molli // L’aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta, // Di Sïonne le torri atterrate // Oh mia patria sì bella e perduta! // Oh membranza sì cara e fatal!
Arpa d’or dei fatidici vati, // Perché muta dal salice pendi? // Le memorie nel petto riaccendi, // Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati // Traggi un suono di crudo lamento, // O t’ispiri il Signore un concento // Che ne infonda al patire virtù!”[1]
La nostra Famiglia nel Resto dell’Italia
I nostri antenati provengono prevalentemente dall’Italia Meridionale e Centrale.
Il ramo collaterale della madre del mio figlio primogenito proviene dalle provincie di Trento e Bolzano.
Altri componenti delle famiglie Andò e Cognoli come anche i relativi rami collaterali acquisiti provengono o si sono trasferiti nelle provincie di Milano, Imola e Vercelli.
La nostra Famiglia nel Mediterraneo
A volte, quando qualcuno mi chiede da dove io venga e non ho voglia o tempo di spiegare tutta la mia foresta genealogica e perché e percome alcuni sono nati in Sicilia, altri in Egitto, ecc., dico che vengo dal Mediterraneo. Quando ero ad Aquisgrana, in alcuni dei tanti discorsi con la mia cara amica Paloma, originaria dell’Andalusia, ci siamo spesso chiesti perché non ci fosse una Comunità Mediterranea[2] riconoscendo una certa unità culturale dei popoli che si affacciano sul Mare Nostrum.
Ed in effetti non si può parlare della nostra famiglia senza parlare di Alessandria e dell’Egitto in genere. Da Alessandria alla Grecia poi il passo è breve. Inoltre, la Sicilia non è l’unica grande isola del Mediterraneo dove i nostri antenati, incluso i rami collaterali ed acquisiti, hanno vissuto. La nostra cugina australiana Laura per esempio ha una linea diretta proveniente da Malta. Inoltre le analisi del mio DNA confermano un legame anche con famiglie provienienti da questa isola (si veda anche l’Ipotesi Maltese).
Un Anedotto
Un giorno nel lontano 1982, scesi dalla metropolitana alla Stazione Termini, dove presi l’autobus per andare all’università. Sull’autobus la mia attenzione fù attratta da una famiglia (padre, madre e due figli) che parlavano tra loro in una lingua a me sconosciuta. Il mio interesse era stata ravvivato da due fatti: la lingua suonava quasi come l’Italiano o comunque come una delle lingue romanze, le parole erano del tutto estranee, alcune sembravano parole arabe pronunciate da un Italiano che ignorasse qualsiasi regola fonetica della lingua araba.
La mia curiosità per qualsiasi lingua straniera e per quella in particolare mi spinse a rompere ogni riguardo di riservatezza ed a rivolgermi, in inglese, al padre della piccola famiglia composta da quattro persone: “Mi scusi se l’importuno, ma la mia curiosità non mi dà pace! Posso chiederLe che lingua parlate? Suona come l’Italiano ma alcune parole sembrano arabe!!??!!”
Il padre mi guardò compiaciuto, sorrise o forse meglio sogghignò e mi rispose gentile: “Non si preoccupi, non disturba affatto. Noi siamo di Malta e stiamo parlando Maltese!”.
Come un fulmine a ciel sereno capii perché quella lingua mi sembrava familiare, pur non capendola. Non conoscevo a fondo la storia di Malta, ma quel poco che sapevo, mi convinse che quella lingua doveva essere il risultato di trascorsi turbolenti, essendo l’isola passata da una conquista all’altra da parte dei popoli del Mediterraneo. Non ultimi gli Italiani, i Francesi e gli Inglesi.
[1] Nabucco, Coro degli schiavi ebrei, parole di Temistocle Solera (Ferrara 1815-Milano 1878) musica di Giuseppe Verdi (Le Roncole 1813–Milano 1901), diretto da Riccardo Muti (Napoli 1941-), Roma 2011, con sottotitoli in italiano, francese ed inglese.
[2] Su FaceBook c’è in effetti un gruppo chiamato Civiltà Medieterranea legato al movimento dei cosiddetti Duosiciliani, rifacentesi al Regno delle Due Sicilie. Non ne riporto il collegamento perché da una prima visione frettolosa di quello che viene pubblicato su tale gruppo, mi sembra un gruppo estremista del quale non condivido le idee, peraltro molto differenti da quelle discusse tra me e la mia cara amica Paloma in quel di Aquisgrana nel lontano 1998.